MA CHI SONO QUESTI PAZZI EDUCATORI?

1:57:00 PM Edit This 2 Comments »

La mia professione è quella di Educatore Professionale, ho già detto.

Non credo che tutti però sappiano cosa in realtà significhi.

Nella mia più che ventennale esperienza lavorativa sono stata a contatto con le difficoltà più diverse: ho lavorato per sette anni con minori in forti difficoltà familiari e sociali; ho prima lavorato e poi diventata responsabile di una comunità di recupero per tossicodipendenti; ho operato per sei lunghissimi anni in una struttura manicomiale; ora da dieci anni opero allinterno di una cooperativa che si occupa di disabilità.

Ma esattamente cosa faccio?

Dipende dal settore in cui si opera ma, a grandi linee la professionalità dell'educatore consiste nell'accompagnare l'utente nell'accettazione della sua difficoltà e trovare insieme con lui il metodo per lui migliore per poter vivere in questa società in modo positivo e costruttivo.

E' un percorso che bisogna fare senza pregiudizi di sorta, attenti ai bisogni e alle difficoltà di chi ti stà davanti, soprattutto ascoltando, senza mai la pretesa di dover insegnare.

Educare significa tirare fuori, insegnare significa mettere dentro. Mi arrabbio sempre con chi mi confonde con un insegnante o una maestra.

Ma ora, che lavoro con e persone disabili mi lascia ancora particolarmene perplessa - anche se ormai dopo dieci anni dovrei averci fatto l'abitudine - di come le persone disabili vengono trattate e quindi considerate.

Molte persone in difficoltà non hanno l’opportunità di effettuare scelte efficaci per la propria vita quotidiana, ma spesso si sentono dire quali compiti devono eseguire, con chi devono interagire, dove devono stare, quando possono svolgere certe attività e quali ricompense possono avere.

E' incredibile, perchè così facendo si crea una situazione in cui la persona è costantemente incoraggiata a rimanere passiva e inevitabilmente impara ad avere poco controllo sulla propria vita e pochi modi per influenzare gli altri.
La mentalità della guida totale costituisce un residuo dei vecchi tempi, quando era normale vedere le persone disabili, adulti o adolescenti trattati come fossero perenni bambini.

Quando interagiamo con persone in difficoltà, qualche volta dimentichiamo il fastidio che si prova ad essere controllati, e cerchiamo a nostra volta di controllare ogni aspetto della vita di queste persone.

Ciò non significa che la persona in difficoltà possa fare qualunque cosa, significa piuttosto permetterle di compiere di operare delle scelte anche se a volte minimali.

Poter decidere se e dove andare, se restare, se e quando comunicare, decidere di appartarsi, di prendere o lasciare, sembrano banalità per la maggior parte di noi, ma a volte è impensabile poterlo permettere anche a persone in difficoltà. Ad essenon è permesso. Il mio compito spesso consiste nel convincere i familiari che i loro cari esistono, forse non parlano, non si muovono, ma esistono e quando viene data la possibilità di scelta, il comportamento difficile diminuisce e la personalità e la dignità della persona cresce.

Il mio lavoro poi è costituito anche da progetti specifici per ogni singolo utente, di progetti di attività, sono cose importanti, ma importante è soprattutto stabilire una buona relazione e una conoscenza della persona che si ha davanti.

Serve una preparazione e una formazione che non si limita solo allo studio accademico, bisogna fare anni di tirocinio e di formazione "sul campo" perchè ciò consente alla persona di imparare a saper essere e saper fare compensando quanto è ricavabile dalle metodologie didattiche tradizionali.

"...Il lavoro dell'educatore professionale si identifica molto bene con le finalità stesse della pedagogia speciale in quanto si adopera al fine di rispondere in modo intenzionale alla pluralità dei bisogni educativi che la società esprime quotidianamente con costante obiettivo di ottenere un cambiamento positivo nella vita di soggetti disabili."

Non mi piaciono le definizioni prese dai libri, ma questa frase mi sembra abbasanza chiara per far capire che la base del cambiamento è la competenza educativa dell'educatore professionale che in questo senso progetta contesti altamente stimolati che devono mirare al miglioramento della qualità della vita e conseguentemente alla crescita della persona nella sua totalità: l’obiettivo è il cambiamento dal punto di vista cognitivo valoriale e relazionale.

L'educatore insomma si configura come uno specialista della complessità proprio per la sua capacità di produrre strategie individualizzare d’intervento, che non intendono risolvere il problema solo superficialmente ma hanno l’intenzione di ridefinire in modo significativo il campo di esperienza di soggetti disabili.
L’aspetto che concretamente domina nel mio lavoro è quello riguardante la relazione di cura educativa in cui si realizza l’incontro con l’altro una fase che acquista importanza come momento di scambio, di condivisione di vissuti e sentimenti fra l'educatore e l'educando.

Nella relazione di cura educativa l’educatore, per mezzo di competenze di tipo relazionale e comunicativo crea una relazione con l’altro e per l’altro nella sua interezza e in cui lo stesso educatore viene coinvolto a livello personale con le sue doti di umanità oltre che di professionalità.
Spero di essere stata chiara, ma soprattutto interessante. Aspetto commenti. Buona domenca a tutti.

2 commenti:

Sonia ha detto...

Hai perfettamente ragione! Condivido le tue idee riguardo la libertà di scelta e decisione che devono avere le persone disabili. Io ho una figlia disabile e so cosa vuol dire affrontare il quotidiano con lei!

marinella ha detto...

Ciao, non potevo non passare a trovarti, mi stai già simpatica, mi devi assolutamente raccontare bene dove sei in vacanza perchè si tratta di un posto dove vorrei andare. Goditi questo bel periodo e non ti preoccupare, tanto le cose se devono capitare capitano e non serve a niente anticipare i tempi salvo forse a rovinarti il presente. Un abbraccio e a presto.
M